Cannero Riviera
Il suo nome è legato all'acqua, dal celtico "Cenn in ar"(punta sull'acqua) oppure dal latino "Canore o Canerum" (canneto) ed al clima mediterraneo ("Riviera" fu aggiunto nel 1947).
CANNERO compare per la prima volta in un documento di cessione di immobili nel 985. In quell'anno Aupaldo vescovo di Novara e feudatario di queste terre donò ai canonici della cattedrale novarese la piccola corte di Canore sul lago Maggiore e la "Villa" di Oglon (l'odierna frazione Oggiogno) insieme ai colli, agli uliveti, alle terre e ai servi.
Nel 1211 i canonici di Novara vendettero le terre ad alcuni acquirenti di Cannero e di Oggiogno, a condizione che venisse data libertà ai servi.
Tutto ciò portò già agli inizi del XIV secolo all’autonomia comunale ed al suo statuto.
Successivamente Cannero (con tutto il lago) fu soggetta al Ducato di Milano e ne subì le vicende quando nel 1524 gli Sforza distrussero il paese in quanto territorio fedele ai Visconti.
Nel 1530 tutta la Lombardia passò a Carlo V diventando provincia soggetta alla Spagna e anche Cannero ne seguì le sorti.
Nel 1722 Cannero apparteneva con la Lombardia all'Impero Austro Ungarico tanto da essere segnalata nella Mappa Teresiana.
Nel 1743 con il trattato di Worms fu ceduta con il lato occidentale del lago al Re di Sardegna.Garibaldi Mantegazza
Nel 1797 subì le sorti dell’Italia settentrionale diventando Repubblica Cisalpina, sostituita ben presto per opera di Napoleone dal Regno d’Italia di cui egli stesso si proclamò re.
Con la caduta di Napoleone la sponda destra del lago Maggiore ripassò al Regno Sardo.
Durante la guerra d’indipendenza molti abitanti del lago si unirono a Garibaldi nel corpo Cacciatori delle Alpi per occupare l’altra sponda del lago; questo fino alla costituzione nel 1861 del Regno d’Italia.
Scelsero quale propria residenza Cannero Massimo D'Azeglio e Laura Solera Mantegazza le cui abitazioni si possono ammirare ancora oggi.
Da registrare dal 31 maggio al 1 giugno 1862 il passaggio da Cannero del Generale Garibaldi che si imbarcò a Cannero per la destinazione di Arona.
FONTE: risorgimento.comune.verbania.it
A testimoniare la prima guerra mondiale rimane un tratto della Linea Cadorna con le gallerie e trincee del Monte Morissolo (vedi sezione a parte "Linea Cadorna") complesso difensivo voluto dal generale Luigi Cadorna nel 1916 e mai utilizzato che doveva difendere l'Italia da un'ipotetica invasione tedesca attraverso la Svizzera. Uno dei tanti "granchi" del generale di Caporetto.
Della seconda guerra mondiale rimangono i "cippi" delimitanti i confini della Repubblica dell’Ossola.
La “Linea Cadorna” da “L’Alto Verbano ambiente, itinerari, cultura”
Comunità Montana Alto Verbano - Edizioni TARARA’ (www.tarara.it)
Una pagina di storia della Prima Guerra Mondiale si può leggere impressa ancora oggi sul territorio dell’Alto Verbano. Il sistema difensivo tra il lago Maggiore e l’Ossola fu voluto dal generale Luigi Cadorna di Pallanza, capo di stato maggiore dell’esercito italiano, e fu costruito a partire dai primi mesi del 1916.
Esso comprende un fitto reticolo di mulattiere militari, trincee, postazioni d’artiglieria, luoghi di avvistamento, ospedaletti e strutture logistiche, centri di comando. Fu realizzato in funzione difensiva a fronte di un eventuale attacco tedesco attraverso la Svizzera. Copre un dislivello di 2000 metri tra la piana del fiume Toce e il Monte Massone e fra il Lago Maggiore (Carmine Inferiore) e il Monte Zeda.
Linea Cadorna 03Trincee e fortini non furono mai utilizzati per il successivo decadere delle strategie militari legate alla “guerra di posizione”. Oggi rimangono come un patrimonio di sentieri per l’escursionismo e un complesso di archeologia militare per molti aspetti stupefacente sia per l’imponenza delle opere, sia per la possibilità di leggere sul territorio un momento della storia di questo secolo.
Allo scoppio della “Grande guerra” l’Italia, dopo essere stata per 32 anni alleata con Austria e Germania nella “triplice alleanza”, aveva dichiarato nell’agosto del 1914 la propria neutralità. Nove mesi dopo, con il “patto segreto” di Londra, stabiliva una nuova alleanza con Gran Bretagna, Francia e Russia. Il 23 maggio del 1915 dichiara guerra all’Austria e il 27 agosto del 1916 alla Germania.
All’inizio del 1916 i comandi militari italiani temevano un’invasione tedesca attraverso la Svizzera, la cui neutralità non veniva considerata più certa. Fu questa convinzione a decidere la realizzazione della linea difensiva fra Piemonte e Lombardia i cui piani di attuazione erano già stati elaborati negli anni precedenti. Il sistema fortificato era suddiviso in quattro zone tra il Sempione e le Alpi Orobie, fino ai 2996 metri del Pizzo del Diavolo. Uno di questi settori interessa il territorio dell’Alto Verbano.
Il tratto verbanese comprendeva una linea continua di trincee e postazioni fortificate, molte delle quali in gallerie scavate nella roccia, che dai 2000 metri del Monte Zeda scendeva a Carmine Inferiore, tra Cannobio e Cannero sulle rive del lago. Questa linea aveva come area di fuoco la Valle Cannobina, individuata come possibile transito delle truppe d’invasione.
Praticamente ogni elevazione della linea di cresta vedeva nidi di mitragliatrici e postazioni per i cannoni (monti Vadà, Bavarione, Spalavera, Morissolo, Carza).
L’impianto di queste linee difensive prevedeva sul versante nord ed est delle montagne le linee continue o intermittenti su altimetrie diverse delle trincee e dei fortini, mentre a sud, protetti dalla cresta della montagna, il reticolo delle strade e delle mulattiere di accesso, gli ospedaletti, i magazzini e gli alloggiamenti per gli ufficiali.
La strada Cadorna saliva da Premeno a Colle per poi scendere a Cannero (oggi è interamente asfaltata); a Colle un’altra strada saliva al Passo Folungo e quindi al Pian Vadà.
Questo tratto è oggi percorribile in auto fino all’alpe Archia (interessanti manufatti militari a monte e a valle dell’alpeggio) e al Passo Folungo; il tratto superiore è percorribile a piedi lungo l’itinerario di salita al Monte Zeda. Da Colle mulattiere militari salivano al Monte Spalavera e al Morissolino.
Una strada, oggi percorribile in auto, raggiungeva il Monte Morissolo (splendido belvedere sul lago e i monti circostanti) dall’attuale Centro Auxologico di Piancavallo; un’ultima strada fu costruita da Barbè inferiore a Ronno e Oggiogno, dove una mulattiera proseguiva per il Morissolo.
Buona parte delle strade dell’entroterra verbanese, che oggi, divenute rotabili asfaltate, servono alpeggi e centri di villeggiatura sono state realizzate nell’ambito del sistema difensivo voluto da Cadorna che, verbanese, conosceva bene questi luoghi.
I lavori durarono tre anni: dal 1916 al 1918 e videro queste montagne brulicare di uomini. Il sistema difensivo dal Sempione alle Orobiche vide la costruzione di 72 chilometri di trincee, 88 appostamenti per batterie (di cui 11 in caverna), 25.000 metri quadrati di baraccamenti, 296 chilometri di strade camionabili e 398 chilometri di carrarecce e mulattiere. Furono impiegati 15 – 20.000 operai con punte di 30.000 nella primavera del 1916.
L’impatto ambientale fu notevole, la viabilità alpina di queste aree fu profondamente modificata e arricchita, ma soprattutto l’impatto sociale fu dirompente. La possibilità di guadagnare il soldo, specialmente in tempo di guerra, portò ovunque alla costituzione di cooperative di scalpellini e muratori per la costruzione delle opere murarie e, a 80 anni di distanza, lo stato di molti manufatti dimostra quanto quei lavori furono ben svolti. Sotto la spinta delle esigenze belliche, i montanari diventarono costruttori. Anche per le donne fu un’occasione di lavoro salariato: per cuocere e portare il cibo alle migliaia di uomini impiegati, l’acqua necessaria ai lavori, ma anche i sassi squadrati per i muri di sostegno e contenimento.
Oggi, salendo allo Zeda, si percorrono ancora queste strade che sono rimaste quelle di 80 anni fa e dalla vetta si può leggere lo scenario di una guerra mai avvenuta. Quel ricco patrimonio di viabilità, realizzato dai montanari del Verbano sotto la direzione degli ingegneri militari, rimane come un bene prezioso per l’escursionismo moderno.